mercoledì 30 marzo 2011

L'architetto e la moda



Una collezione del tutto nuova che farà il suo esordio la prossima stagione autunnale è la linea di borse e piccola pelletteria di Add. Il marchio noto per i piumini leggerissimi ha chiamato a disegnare la collezione lo stilista Andrea Incontri, trentanove anni, architetto di formazione, ma con una passione per la moda, nata nella sartoria milanese di famiglia. “Concepisco i miei progetti a cavallo tra moda e design”. racconta Incontri. “L’idea è di esprimere con gli accessori e con gli abiti delle gestualità e delle attitudini”. Incontri ha una sua collezione di borse e calzature, una capsule collection di abbigliamento e fa consulenze per diversi marchi, tra cui Alessi e Samsung.

lunedì 28 marzo 2011

Il fiore del deserto







Si è conclusa con la scelta di Ehrlich Architects, la seconda fase del concorso bandito dal Consiglio Nazionale Federale degli Emirati Arabi Uniti per individuare la firma a cui affidare la propria sede ad Abu Dhabi. Dei quattordici gruppi che, all'inizio nel 2010, erano stati invitati a presentare proposte per l'edificio destinato a sorgere lungo uno dei principali viali della capitale, l'Abu Dhabi Corniche, solo quattro avevano superato la fase iniziale, accedendo alla lista ristretta: oltre allo studio risultato vincitore della competizione, l'elenco dei finalisti comprendeva Norman Foster, Massimiliano Fuksas e Zaha Hadid. Nello schema sviluppato da Ehrlich, il nucleo principale, comprendente la Sala dell'Assemblea, sarà sormontato da una grande cupola, "uno svettante fiore del deserto": durante il giorno, la copertura, con i suoi 100 metri di diametro, potrà esere vista a diversi chilometri di distanza, mentre "al calar della notte... sarà illuminata dall'interno, come una lanterna scintillante". La trama strutturale della cupola, ispirata alle geometrie dell'architettura araba, funzionerà come un enorme frangisole, in grado di mitigare la luce e il calore provenienti dall'esterno. Il riferimento al paesaggio delle dune proseguirà nella scelta delle sfumature di colore per i settori laterali, dove saranno collocati gli uffici, le sale riunioni e gli altri spazi accessori. "Il nuovo complesso... bilancerà la tradizione islamica con le aspirazioni globali contemporanee degli Emirati Arabi Uniti, dove modenità e tradizione sono in armonioso equilibrio".

venerdì 25 marzo 2011

La Casa Cubo in Messico


















La Casa Cubo, Arquitectura en Movimiento, si trova a Juàrez in Messico. Una serie di volumi che si incastrano dando vita ad una facciata scultorea. La pianta si articola come una U attorno alla fontana decorativa. Gli interni risultano molto semplici, ambienti luminosi ed ampi nei quali però si perde il gioco dei volumi che tanto colpisce all'esterno.

lunedì 21 marzo 2011

Morphosis per Cooper Union a New York












L'edificio della Cooper Union dedicato ad attività accademiche si cela e si rivela al tempo stesso. È efficace nell’offrire spazi per laboratori, uffici e studi, pur riservando ampie aree a niente in particolare. È costruito utilizzando elementi standardizzati, eppure emerge sorprendentemente dal suo contesto.
Per questo progetto, che si estende su una superficie di 16.500 mq nel centro di Manhattan, Thom Mayne e Morphosis hanno dovuto ripensare il modo in cui spazio pubblico e spazi di lavoro privati si sovrappongono oggi nel settore accademico – e nella città contemporanea. La Cooper Union for the Advancement of Science and Art è un’istituzione unica nella storia americana dell’istruzione. Fondata nel 1859 dall’industriale e filantropo Peter Cooper, a cui erano mancati proprio i mezzi per conseguire un’istruzione superiore, quest’istituzione offre borse di studio totali ai suoi 1000 studenti di ingegneria, arte e architettura. Quando nel 2004 lo studio di Los Angeles Morphosis ha vinto il concorso, l’incarico non consisteva solo nel recuperare i 3700 mq persi nel ridurre gli spazi della scuola da tre a due edifici. Il progetto doveva anche rispondere alla sfida che tutti gli architetti devono oggi affrontare: come creare posti in cui valga la pena andare o, in questo caso, in cui valga la pena restare anche dopo la lezione. Mayne ha risposto scavando un atrio che, pieno di luce diurna, emerge come una torre dal cuore dell’edificio.
L’architetto spera che in questa “piazza verticale” di scale, spazi aperti, sale conferenza e terrazzi si svolgano quegli incontri spontanei e quelle interazioni che non possono avvenire attraverso il cellulare o Facebook. L’intento è stato realizzato con una piccola dose di coercizione fisica: gli ascensori si fermano solo al quarto e settimo livello. Per questo, la maggior parte degli studenti e degli insegnanti dovranno salire o scendere una rampa di scale per raggiungere le loro destinazioni, mescolandosi così lungo la strada con i loro colleghi. Esaminare da vicino l’edificio della Cooper Union ed esplorare i suoi interni significa capire che i suoi spazi pubblici ne sono la linfa vitale e che la sua leggibilità materiale è un piacere senza fine. In un’epoca di confini confusi fra spazio fisico e spazio digitale, fra oggetti creati dall’uomo e oggetti creati dalle macchine, fra comunicazione collettiva e personale, questo edificio propone una nuova gerarchia di spazio pubblico/privato, in modo da mettere il mondo accademico al passo con la rete dei contatti degli studenti di oggi. In termini di risposta pubblica, l’aspetto più dibattuto del progetto sono stati i pannelli in rete d’acciaio inossidabile che l’avvolgono. A prima vista, fanno sembrare l’edificio astratto come uno studio di massa di Hugh Ferriss, o privo di dimensioni come un ghiacciaio. Il 25% dei pannelli si apre automaticamente per lasciar passare la luce solare. Oltre a risparmiare energia, l’apparente monolitica armatura “ci consente di essere specifici riguardo a cosa vogliamo comunicare”, dice il vincitore del Pritzker nel 2005. Mentre dall’esterno i laboratori e gli uffici sono indifferenziati (tranne che di notte, quando il bagliore delle finestre traspare attraverso la rete), sul fronte ovest ampi tagli seguono i contorni dell’atrio a nove piani, sottolineandone l’importanza.
A livello della strada, la “camicia” di maglia metallica si alza tutto intorno per mostrare l’ingresso, spazi per eventi e gallerie pubbliche nell’interrato e negozi. “Per un sacco di gente sembra semplicemente qualcosa di diverso”, dice Thom Mayne a proposito dell’esterno dell’edificio, “ma io ci vedo qualcosa di intimamente connesso alla particolare natura del luogo”. L’architetto spiega che le linee taglienti e contorte della facciata occidentale sono state ispirate dalla forza della città e degli alberi che premono da Cooper Square verso la struttura. Inoltre, il nuovo edificio ha circa l’altezza (41 m) di quello storico sull’altro lato della strada in cui è ospitata la fondazione, ed è orientato verso il suo ingresso. All’interno, i pavimenti sono di cemento grezzo. I soffitti sono fatti con sistemi di pannelli modulari – ricordano gli esterni –, che inglobano la climatizzazione e sono flessibili, in modo da facilitare manutenzione e nuove configurazioni.
Tutti i laboratori e gli studi sono un esempio di semplicità funzionale. Le aree pubbliche, al contrario, sono libere da costrizioni funzionali. Vari materiali grezzi e geometrie idiosincratiche si sovrappongono e si incrociano animate apparentemente di volontà propria. L’atrio d’ingresso fa da palcoscenico per una convergenza non-euclidiana di lastre di cemento grezzo, impalcature sospese, soffittature di pannelli traforati in materiali compositi, muri a secco che si innalzano, pannelli di vetro inclinati e corrimano ondulati. La luce solare che penetra dai pianerottoli, dall’ingresso e dai lucernari consente di orientarsi. Nell’aria, una griglia in tensione si avvolge su se stessa e attorno all’atrio come un gigantesco esoscheletro.
Fatta di tubi d’acciaio racchiusi in gusci modellati in gesso rinforzato con fi bra di vetro (GFRG), la “mega-rete” modellata a computer è stata montata a mano nel corso di un anno ed è un simbolo della commistione di alta tecnologia e tecnica manuale che supporta il lavoro dello studio architettonico. Queste scelte vistose sono gratuite, ma divertenti. Nel contesto dello stile asciutto, utilitario dell’edificio, questi eccessi stravaganti potrebbero avere la capacità di stimolare di nuovo gli studenti a discutere su forma e funzione. Inoltre, riescono con successo – almeno fino a quando saranno nuovi – a infondere negli spazi pubblici quel desiderato gusto teatrale.
L’edificio raccoglie tre dipartimenti universitari che erano precedentemente ospitati in edifici separati: l’enfasi del progetto è stata condotta soprattutto sugli spazi comuni, e informali, che permettono lo scambio di idee e una vera e propria interdisciplinarietà. Per questo motivo, la circolazione ha definito quella che gli autori chiamano una “piazza verticale”, che diventa il vero e proprio nucleo centrale dell’intervento. La grande scala, accessibile dal livello della strada, si inerpica per quattro piani, raggiungendo una lounge a doppia altezza per studenti da cui si domina la città. Dal quinto al nono piano, un sistema di terrazze, sale di studio, armadiature e sedute è organizzato intorno al vuoto centrale. Per rafforzare la natura informale degli spazi di incontro, il sistema di ascensori si basa sul principio skipstop, fornendo accesso diretto solo ad alcuni piani. La pelle dell’edificio, realizzata con uno strato doppio di acciaio perforato, permette di ottimizzare il controllo energetico (l’edificio ha la certificazione LEED Gold) e di rendere visibili all’esterno le attività e la vita interna: la metropoli è letta come il grande teatro del quotidiano, dove il limite tra interno ed esterno, tra pubblico e privato diventa sempre meno netto.

venerdì 18 marzo 2011

La casa della pace















Questo edificio, fortemente voluto dal premio Nobel per la pace Shimon Peres e progettato da Massimiliano e Doriana Fuksas, da circa tre mesi, dopo 5 anni di lavori, si staglia solenne sul litorale di Jaffa a Tel Aviv. Peccato che la sua apertura al pubblico coincida con una nuova ondata di guerra. Fuksas, che ha iniziato a immaginarla 10 anni fa sognandola ad occhi aperti in un albergo di Firenze, la descrive come una patria per tutti i marinai e i naufraghi. Un luogo non virtuale ma reale, che come il mare che gli sta di fronte simboleggia il luogo di partenza e il luogo di arrivo. Vista dall'esterno la nuova costruzione di 6 piani è un parallelepipedo ottenuto dalla sovrapposizione di strati irregolari di cemento alternati ad altri di vetro traslucido. Fuori è liscia e compatta; dentro è scabra e irregolare. I pezzi, più di 800, sono tutti diversi tra loro e con la loro stratificazione simboleggiano la sovrapposizione di due popoli in lotta e le rispettive difficoltà.
A suggerire la speranza di pace intervengono la copertura vetrata e le fasce trasparenti portatrici di luce: elemento fondamentale alla comprensione dell’edificio. Di giorno, riverberato dall’acqua, il sole penetra attraverso le superfici vetrate segnando lo spazio interno; di notte la traslucenza dei bagliori interni rende il nuovo totem visibile in lontananza. L'edificio, quando avrà raggiunto la sua piena attività, ospiterà gli uffici del Centro Peres per la Pace, l'auditorium per rappresentazioni teatrali in arabo e in ebraico, una 'Biblioteca della pace', e l'archivio personale di Peres. Massimiliano Fuksas ha definito quest’opera una scatola magica. Sarebbe bello che lo fosse davvero e contribuisse a infondere sentimenti di pace. Ora più che mai.

lunedì 14 marzo 2011

Il maxi mirtillo

BlueBerry è la poltrona disegnata da Carlo Colombo per l’azienda Byografia: scocca d’acciaio e seduta composta da 232 sfere gommose rivestite di stoffa. Lo stesso Colombo dice: «Sembra di essere avvolti in un batuffolo. È necessaria una settimana per realizzare ogni esemplare».
E' stata definita da subito un'icona da salotto.

venerdì 11 marzo 2011

Torino veste blu "Risorgimento"



Indaco e lavanda: miscelando queste tinte è nato il blu ‘Risorgimento’, il colore speciale creato dal trio di progettisti Italo Lupi, Ico Migliore e Mara Servetto per vestire Torino dal 17 marzo, giorno in cui partono le celebrazioni per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, fino a fine novembre. Le stesse mani avevano firmato il look della città piemontese per le Olimpiadi invernali del 2006, lavoro che aveva meritato ai progettisti il XXI Compasso d’Oro. Così la ‘capitale’ piemontese si è affidata allo stesso team anche per questa ricorrenza, che la vedrà protagonista con celebrazioni, mostre, concerti, eventi sportivi per nove mesi (le informazioni su www.italia150.it). Italo Lupi e lo studio Migliore e Servetto hanno progettato in blu ‘Risorgimento’ striscioni e bandiere per abbellire la città e orientare i visitatori lungo i percorsi urbani. Le mostre principali si terranno alle Officine Grandi Riparazioni, ex stabilimento per il materiale ferroviario convertito in area espositiva (viale della Spina Centrale), davanti a cui prenderà corpo un’installazione formata da 150 dischi verdi, bianchi e rossi. La Mole Antonelliana indosserà un collier di cornici luminose tricolori e formato da migliaia di led, realizzato da Iride Servizi con Philips. Anche la Venaria Reale vestirà il blu Risorgimento: tra le mostre ospitate alla Reggia, una è dedicata alla moda italiana (dal 23 luglio) con gli abiti storici della Sartoria teatrale Tirelli e le più belle creazioni degli stilisti italiani. La mostra, intitolata ‘Moda in Italia. 150 anni di eleganza’, vede alla direzione artistica due signore dello stile: la costumista premio Oscar Gabriella Pescucci e la giornalista Franca Sozzani, direttore di Vogue Italia.

mercoledì 9 marzo 2011

A Room for London




Una camera con vista sui generis, racchiusa in una struttura plasmata sotto forma di imbarcazione "presa nelle secche, come in seguito al ritiro delle acque" del Tamigi, a pochi passi da Queen Elizabeth Hall: il concorso " A Room for London", organizzato da Living Architecture - che opera come "impresa colletiva" impegnata a valorizzare l'architettura contemporanea - si è concluso con la scelta dello schema elaborato dallo studio Kohn in collaborazione con l'artista Fiona Banner. Il progetto rientra fra le iniziative collegate allo svolgimento dei Giochi Olimpici nel 2012 e prevede la costruzione di un involucro esterno proteso verso la skyline di Londra, grazie a due livelli sovrapposti di "ponti" affacciati sull'area monumentale circostante. La camera interna, rivestita di legno proprio come la cabina di una nave, potrà ospitare fino a due persone, "fornendo un luogo di rifugio e riflessione": "...ai visitatori verrà chiesto di riempire un diario di bordo, sul 'ponte' dell'imbarcazione, indicando nel dettaglio che cosa avranno sperimentato durante la permanenza, fuori dalla finestra ma anche dentro sè stessi". il costo dell'edificio, che rimarrà in piedi da gennaio a dicembre dell'anno prossimo, consentendo permanenze di una sola notte su prenotazione, dovrebbe aggirarsi sulle 150.000 sterline

lunedì 7 marzo 2011

Facebook

Il carnet di viaggio sbarca su facebook, tenetevi aggiornati!

Per fare un albero ci vuole... una scarpa?


La filastrocca di quando eravamo bambini dovrà essere modificata, Oat Shoes, il brand olandese creato due anni fa dal designer Christiaan Maats, ha presentato la sua nuova Virgin collection di scarpe completamente biodegradabili. Anziché buttare via le nostre amate scarpe consumate dal tempo, potremmo conservarle, piantarle e vederle addirittura fiorire! Questa trovata ha suscitato talmente tanto entusiasmo che il team degli Oat Shoes ha vinto il secondo premio della Green Fashion Competition della settimana della moda olandese. Sulla scia del community gardening, che rende fertili le zone più impensabili delle metropoli, Oat Shoes rende verdi anche le nostre scarpiere…

venerdì 4 marzo 2011

L'arte in casa

Per festeggiare il primo anno di vulcanica attività, Doppiozero società che si occupa di arte e cultura contemporanea, ha organizzato un evento sui generis: Hoome Gallery. In una serie di case private, verranno esposte opere di arte contemporanea seguendo modalità professionali da galleria, con tanto di intervento curatoriale. Il primo appuntamento sarà a Milano, ma il progetto è un work in progress. esporre arte contemporanea nelle case di privati, per un piacevole momento di condivisione e scambio. Il padrone di casa potrà dare un input nella scelta stilistica, dal momento che lo spazio rifletterà anche il suo gusto e la sua personalità, o sarà libero di delegare il tutto. La casa selezionata troverà di volta in volta un nesso curatoriale con le opere esposte. Oltre a dare una dimensione più accessibile alle opere e a riflettere sul tema del collezionismo, si vuole creare un movimento culturale in grado di coinvolgere addetti ai lavori e semplici curiosi. Tra business e social network. Allestimento MAR Office. Foto Pasquale Formisano.