Il recupero delle ex Officine Savigliano si inserisce in uno dei più vasti progetti di riqualificazione urbana, definita Spina 3. Qui l'abbattimento di altre industrie pesanti, come Michelin e Fiat Ferriere, interessa - con i suoi 100 ettari - una delle superfici industriali più estese e compatte della città e consentirà la realizzazione di un nuovo polo tecnologico che graviterà attorno all'Environment Park. Un parco per la ricerca e l'incubazione tecnologica nel settore delle energie e della realtà virtuale dove risiederanno imprese a basso impatto ambientale quali quelle informatiche e telematiche. L'intervento avviato nel 2003 è terminato nel 2009 ed è frutto di una convenzione tra la società SNOS e la Città di Torino con il contributo dei Fondi Strutturali dell'Unione Europea. Il progetto è caratterizzato dalla volontà di preservare l'identità storico-culturale del paesaggio industriale, ma, contemporaneamente, sovrappone nuovi segni, stabilisce nuove relazioni con il contesto circostante e inserisce nuove funzioni e servizi per rispondere alle mutate esigenze della società terziaria. Tre principi fondamentali sembrano essere alla base di tutte le scelte progettuali: smantellare le strutture obsolete e degradate, conservare solo le parti più significative del vecchio opificio e aggiungere nuovi corpi i cui materiali, colori e tecniche rendano evidente il cambiamento delle attività innescato nell'area. Fulcro dell'intervento è la ristrutturazione della manica lunga 350 metri realizzata con un sistema costruttivo di calcestruzzo armato. L'edificio, un tempo luogo di transito dei vagoni ferroviari che provenivano dalla vicina stazione Dora e approvvigionamento la fabbrica con i semilavorati di ferro per ripartire carichi di prodotti finiti, è stato integralmente recuperato e trasformato in una vera e propria galleria pubblica. Esso ha mantenuto la funzione di centro distributivo di tutte le attività: da qui, infatti, si dirama la trama di percorsi sopraelevati e attraversamenti pedonali che collegano tutte le funzioni del nuovo complesso. La sua originaria austerità è stata violata solo dalla interessante compenetrazione dei nuovi volumi delle unità commerciali, parzialmente inserite all'interno dell'edificio storico, ruotati rispetto all'asse longitudinale con due inclinazioni differenti per interrompere la uniformitaà del fronte. Questi parallelepipedi si innestano sul "vecchio" e ricordano container provvisori, rivestiti con lamiera metallica e colorati di rosso, mentre un nuovo ingresso, completamente vetrato, si protende dalla parte centrale della facciata verso lo spazio pubblico di corso Mortara e si infila tra i pilastri attraversando i primi due piani. Due forti segni - uno orizzontale, l'altro verticale - caratterizzano la manica lunga e costituiscono aggiunte ben visibili, realizzate con materiali leggeri, in contrapposizione alla struttura esistente monocroma di calcestruzzo armato. A nord, i vecchi capannoni sono stati sostituiti da sei edifici di nuova costruzione disposti a pettine su un grande zoccolo di due piani destinato a parcheggio. Essi sono collegati alla galleria pubblica attraverso un insieme di passerelle coperte e presentano il fronte verso lacittà completamente trasparente con lastre di vetro profilato tipo U-glass, a sottolineare le origini industriali dell'area. Sono edificiopen space con impiantistica flessibile distribuita a pavimento e a soffitto per soddisfare le esigenze delle società che si insedieranno. A est e a ovest della galleria sono collocate tre grandi piastre commerciali. Ai luoghi di lavoro e a quelli commerciali si alternano anche spazi per la residenza, quasi a voler riassumere all'interno del grande manufatto la complessività delle relazioni funzionali della città ed evitare i disagi causati dalle aree monofunzionali. La residenza si trova all'ultimo piano della manica sotrica ed è organizzata su tre livelli. L'accesso avviene da un ballatoio che corre lungo il fronte nord. Dalla zona giorno una scala interna conduce a un soppalco e poi a un terrazzo che si trova sulla copertura caratterizzata dal lucernario che illuminava la vecchia fabbrica. Il risultato è un manufatto complesso che integra un insieme di funzioni energetiche: a scala locale, si relaziona con il borgo storico Vittoria, collegandolo al parco urbano di circa 450.000 mq, attraverso il quale tornerà a scorrere la Dora dopo un secolo di interramento, mentre, a scala urbana, connette questa zona periferica alla città storica, grazie alla demolizione della strada sopraelevata che correva lungo tutto il fronte principale della fabbrica. Quando sarà ultimata la riqualificazione urbana di Spina 3, sapremo se gli interessi immobiliari avranno saputo conciliarsi agli interventi innovativi pianificati all'insegna del miglioramento ambientale e allora anche SNOS, il cui acronimo è stato oggi trasformato da Società Nazionale Officine Savigliano a Spazi per Nuove Opportunità di Sviluppo, potrà diventare un tassello importante della nuova qualità urbana di Torino.
1 commento:
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